La CTU psicologica nei procedimenti giudiziari per separazione e divorzio: funzioni e profili etico-deontologici

La CTU psicologica nei procedimenti giudiziari per separazione e divorzio: funzioni e profili etico-deontologici. 

“Honeste vivere, neminem laedere, suum cuique tribuere” (iuris praecepta di Ulpiano)

La Psicologia giuridica: gli ambiti applicativi

La Psicologia giuridica ha da tempo definito una propria identità sociale, rientrando “a pieno titolo” fra le varie discipline operanti nel sistema giudiziario. Il suo ambito include i vari settori della Psicologia (clinica, sociale, di comunità, dello sviluppo, delle relazioni familiari) e le «discipline di confine», come la Sociologia, l’Antropologia, la Criminologia. Uno Psicologo giuridico svolge la propria attività professionale, non solo nel rispetto del Codice deontologico degli Psicologi, ma conformandosi a specifiche linee guida condivise dagli esperti del settore ( Carta di Noto, 1996, aggiornamenti 2002 e 2011; Linee guida deontologiche per lo Psicologo Forense, a cura dell’Associazione Italiana Psicologia Giuridica, Torino, 1999 ). Nel suo lavoro, per il quale sono necessarie, oltre ad una formazione psicoterapeutica, anche conoscenze approfondite delle leggi e delle procedure vigenti nel contesto legale e giudiziario, lo Psicologo giuridico analizza l’interazione tra persona e sistema della giustizia amministrativa, civile, penale, minorile ed ecclesiastica, focalizzandosi sui processi psicologici di rilievo giuridico. Le applicazioni della Psicologia clinica al contesto giudiziario costituiscono pertanto un ausilio sia per l’emissione di sentenze sia per tutelare interessi di parte. Le attività prevalenti del CTU e del Perito riguardano le attività conoscitive, orientate ad accertare quanto richiesto nei quesiti posti dal Magistrato. Ci si riferisce all’assessment e alla diagnosi psicologica, alla valutazione della pericolosità sociale, dell’imputabilità e responsabilità penale, alla valutazione dei minori e del contesto familiare in casi di pregiudizio, all’assessment di minori autori di reato, alla valutazione dei minori e delle capacità genitoriali in casi di affidamento per separazione o divorzio. Altro campo di intervento è la valutazione e quantificazione del danno psichico ed esistenziale. Agli esperti in Criminologia spettano attività quali il c.d. profiling, vale a dire il procedimento di ricostruzione di aspetti specifici desunti dall’osservazione della scena criminis, relativi alla tipologia dell’ipotetico soggetto autore di un delitto, attività indispensabile nei crimini “inesplicabili”.

La valutazione dei minori e delle capacità genitoriali in casi di affidamento per separazione o divorzio.

La legge n. 54/2006 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il principio della bigenitorialità. All’interno di questa cornice normativa, il Consulente Tecnico d’Ufficio viene nominato per valutare le capacità genitoriali potenziali e concrete in relazione agli specifici bisogni della prole. Attraverso i quesiti posti al CTU, il Giudice può ricevere, non solo un quadro preciso dei rapporti tra il minore e ciascuno dei genitori e delle caratteristiche di personalità di questi ultimi, ma anche delle indicazioni in merito alle migliori modalità di esercizio delle funzioni genitoriali. Nel caso specifico delle separazioni e dei divorzi, la valutazione dell’esperto verte sull’idoneità genitoriale, riguardante non solo la capacità di erogare cure materiali ed affettive, ma anche la capacità di ciascun genitore di anteporre ai propri bisogni quelli della prole. La capacità di cooperazione tra i due genitori, il rispetto reciproco, sono fattori protettivi per un figlio, mentre la presenza di comportamenti strumentali, atteggiamenti di squalifica impediscono la corretta gestione della co-genitorialità. In questo caso, il Consulente deve definire le condizioni di vita di un minore e segnalare l’eventuale presenza di condotte genitoriali inadeguate.

Esempi di quesiti:

1)Formuli il CTU sommarie valutazioni in merito alle condizioni di benessere psicofisico del figlio, al rapporto con le figure genitoriali,  ciò anche ai fini del collocamento più appropriato e della definizione del regime delle visite.

2)Verifichi il CTU: l’idoneità genitoriale delle parti, lo stato di benessere della prole.

3)Dica il CTU se il regime dell’affidamento condiviso, come concretamente attualmente in corso, sia rispondente all’interesse del  minore e se ed in che modo possa o debba essere modificato al medesimo fine, anche tenendo conto delle condizioni di vita e lavorative attuali di entrambi i genitori.

4)Dica il CTU quale sia lo stato di benessere psicofisico della prole e se vi sia idoneità genitoriale delle parti, chiarendo eventuali problematiche relazionali tra la prole e ciascuna delle due figure genitoriali, con ulteriore precisazione se dette difficoltà o problematiche siano frutto di autonoma maturazione ovvero di giustificata reazione a condotte inadeguate del genitore o dipendenti da interferenze, ingerenze o manipolazioni dell’altro genitore.

5)Accerti il Consulente le migliori condizioni dell’affidamento e segnatamente se sussistano o meno situazioni di pregiudizio per i minori, che consigliano la deroga alla regola generale dell’affido condiviso, con indicazione della migliore frequentazione dei minori con il genitore in ipotesi non affidatario o comunque non collocatario.

La metodologia peritale (nei casi indicati) deve rilevare ed integrare elementi di valutazione provenienti sia dai singoli soggetti sia dalle relazioni intercorrenti tra di loro. E’ compito del Consulente Psicologo (chiamato ad esprimersi su incarico del Tribunale) esaminare il modo in cui i genitori comunicano (o non comunicano) tra di loro, se esista o no la gestione congiunta della genitorialità, se sussistano condizioni di pregiudizio per il figlio o i figli. La comparazione di dati acquisiti durante l’intero iter valutativo, potrà inoltre chiarire se i “bisogni” espressi dai due genitori e le conseguenti “aspettative” nei confronti dell’accertamento peritale siano (o no) rispondenti all’interesse prioritario del figlio o dei figli. Un’indagine sui comportamenti, sui vissuti, su ciò che è latente o manifesto, assume significato differente se finalizzata ad accertare una “oggettività” psicologica o, al contrario, giuridica. Sul piano strettamente psicologico, il CTU, coerentemente con le funzioni connesse al suo ruolo, deve osservare, comprendere, valutare, definire quanto previsto nei quesiti peritali, e solo sulla base delle sue specifiche competenze.

L’ascolto del minore, in caso di separazione tra i suoi genitori, non è una testimonianza, e ascoltare un minore non significa rilevare il suo parere rispetto alle questioni sulle quali confliggono i genitori, bensì dare valore alla sua individualità. Un figlio “conteso”, se coinvolto in maniera adeguata a prender parte alle decisioni che lo riguardano, è anche in grado di adattarsi a nuove configurazioni familiari, di accedere ad una più profonda consapevolezza dei suoi bisogni, dei suoi sentimenti e delle sue preferenze. Occorre definire i bisogni del figlio in rapporto a ciascun genitore e valutare la sua capacità di riconoscersi in quanto essere dotato di una precisa individualità. Pertanto, esprimersi sull’assetto emotivo di un individuo, la cui personalità sia ancora in divenire, significa anche comprendere se l’identità persegua una logica individuale o non sia piuttosto il risultato di costellazioni genitoriali ‘patogene’ che impediscono cioè la realizzazione di un Sé sufficientemente autonomo. Durante gli incontri con un minore, il Consulente Tecnico d’Ufficio dovrebbe favorire il più possibile l’emersione di contenuti autentici, stabilire un contatto empatico, dialogico, ed individuare in che modo e misura siano eventualmente presenti indicatori psicologici riferibili a condizioni di rischio evolutivo. Negli incontri individuali è utile adoperare tecniche di facilitazione, così come è indicato il ricorso a test grafo-proiettivi, pur considerando che essi presentano limitazioni e carenze sul piano psicometrico. Doveroso precisare che l’utilizzo dei test si integra in una procedura di assessment complessa e articolata, includente lo svolgimento di colloqui, le osservazioni ambientali, la visura degli atti e quant’altro ritenuto utile, purché autorizzato dal Giudice. Generalmente, le aree da indagare riguardano lo sviluppo psichico ed evolutivo, la dimensione affettiva e relazionale, i meccanismi difensivi, le competenze cognitive, l’esame di realtà, sempre in riferimento all’età cronologica. Nei procedimenti giudiziari per separazione e divorzio, secondo quanto generalmente previsto dai quesiti peritali, occorre definire quali siano le caratteristiche della situazione esaminata e riordinare i dati emersi per fornire al Giudice elementi conoscitivi inerenti il collocamento e/o il regime di visite più opportuni per un figlio, in considerazione dei suoi reali bisogni. L’esame è da intendersi non solo come strumento d’informazione delle dinamiche relazionali in atto, ma come attenzione ai comportamenti che possono ledere la salute psichica e fisica dei figli (i più giovani in particolare), in relazione alle loro caratteristiche di personalità, di storia e contesto di vita. Il CTU ha il compito di segnalare ogni condizione che possa porre il minore in stato di pregiudizio e/o di pericolo. Nelle situazioni di grave contrasto genitoriale occorre massima prudenza nel trattare le dichiarazioni rese dal minore. In tal senso, l’acquisizione da parte dei genitori di quanto emerso durante i colloqui, anche per il tramite dei loro Consulenti di Parte, potrebbe diventare rischioso per il bambino, qualora sottoposto ad un conflitto di lealtà, da parte di uno o di entrambi i genitori. Per quel che riguarda la raccolta di informazioni provenienti dai minori, è opportuno non utilizzare domande suggestive o ripetute, tenendo anche presente il livello cognitivo e la vulnerabilità individuale alle informazioni esterne. Se è vero che in taluni casi i bambini presentano capacità mnestiche piuttosto limitate, occorre una attenta valutazione del minore per poter affermare o escludere che un genitore ne possa influenzare il ricordo e/o la narrazione. Alcuni studi hanno evidenziato, ad es., che persino i bambini di tre anni possono ricordare accuratamente eventi personali significativi, incluse situazioni che li coinvolgono come vittime (Jones e Krugman, 1986) [1]. I bambini molto piccoli possono ricordare esperienze passate anche per un lungo periodo di tempo, in particolare se hanno già una conoscenza dell’evento, la cui durata di esposizione aumenta la possibilità di percezione e dunque di codifica [2]. In ogni caso, è opportuno prender nota di tutte le affermazioni rese dai minori, per poter seguire il percorso ideativo sotteso alla narrazione, nonchè rilevare la presenza di contraddizioni; ciò riguarda sia tematiche connesse alle attività scolastiche, ludiche, sia quelle che riguardano la qualità del rapporto con i genitori, anche in vista del collocamento, punto imprescindibile di alcune valutazioni.

Per quanto riguarda l’indagine personologica sui genitori, un test basato sull’auto-descrizione è essenzialmente una stima di come il soggetto si percepisce; in alcuni casi, può innescare una reazione difensiva nell’esaminando, con conseguenze in termini di validità dei risultati, pertanto la valutazione testistica è un accertamento complementare in consulenza tecnica, le cui risultanze devono essere sempre contestualizzate e comparate con altri dati. Nell’utilizzo dei test proiettivi occorre integrare, con adeguata competenza, gli elementi statistici (standardizzati) con elementi interpretativi. Se da un lato è importante evidenziare se sia presente o no psicopatologia psichiatrica, tale da compromettere il funzionamento e l’equilibrio adattivo di ciascun genitore sul piano cognitivo, affettivo, sociale, è altrettanto importante esaminare i tratti personologici in rapporto alla percezione e comprensione delle esigenze e dei bisogni affettivi dei figli, sicchè può risultare utile il ricorso a questionari per la valutazione delle abilità parentali, come pure l’utilizzo di prove congiunte, come ad esempio il Disegno Congiunto della Famiglia e il Lousanne Trilogue Play clinico, coinvolgenti la coppia genitoriale ed il figlio. Anche se è necessario e raccomandato osservare la relazione intercorrente tra le parti, in casi di aperto conflitto, la valutazione congiunta dei genitori rischia di esasperare le dinamiche già in atto, non essendo il setting peritale uno spazio terapeutico; in caso di violenza di coppia e domestica, non è possibile prevedere colloqui congiunti né prove di valutazione che si rifanno all’espletamento di compiti congiunti. Spesso, nelle consulenze tecniche d’ufficio, quando emerge il problema della violenza domestica, i professionisti tendono ad ignorarlo, o minimizzarlo, atteggiamenti che possono derivare dalla scarsa conoscenza del fenomeno. Il CTU, dopo aver precisato la metodologia d’indagine e il quadro teorico di riferimento, secondo una corretta ed indicata prassi, deve esaminare e descrivere quanto rilevato durante le indagini, riportando le riflessioni teorico-cliniche a sostegno del proprio parere conclusivo in risposta ai quesiti. Il compito del CTP consiste nell’adoperarsi affinché il consulente del giudice utilizzi metodologie corrette ed esprima giudizi scientificamente fondati. Tanto il Consulente d’Ufficio quanto il Consulente di Parte sono tenuti ad osservare le norme che regolano i rapporti tra colleghi (tecnici), che nei rapporti con i magistrati, gli avvocati e le parti sono tenuti a mantenere la propria autonomia scientifica e professionale (come previsto dalle LINEE GUIDA DEONTOLOGICHE PER LO PSICOLOGO FORENSE). Lo psicologo forense esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su documentazione adeguata ed attendibile. Il CTU, inoltre, rende sempre espliciti al minore gli scopi del suo intervento e si adopera affinché ogni incontro avvenga in tempi, modi e luoghi tali da assicurare la serenità del minore e la spontaneità della comunicazione. I colloqui tanto col minore quanto con i genitori tengono conto che essi sono già stati sottoposti allo stress che ha causato la vertenza giudiziaria. L’attività peritale esita in un elaborato che viene acquisito dal Giudice e dalle persone autorizzate per legge. Opportuno ricordare che i suoi contenuti riguardano dati “particolari”, personali, elementi psicodiagnostici, per giunta riguardanti dei minori, e il cui utilizzo impone sempre una certa cautela. Il CTP nel presentare le proprie osservazioni sul lavoro svolto dal CTU, deve fondare le proprie osservazioni soltanto su argomentazioni valide e su quanto direttamente osservato, evitando ogni riferimento critico alla persona e lesivo dell’altrui dignità professionale. E’ inoltre sconveniente sovrapporre al ruolo di psicoterapeuta quello di CTP (del cliente o parte in causa) come pure esprimere una valutazione specialistica sullo stato psichico di una persona, facendo proprie le “notizie” trasmesse dal proprio cliente. Il contesto peritale prevede la partecipazione di soggetti con ruoli e compiti ben delineati, quali appunto il Consulente d’Ufficio e i Consulenti di Parte, che devono prestare attenzione ad ogni aspetto comunicativo o metacomunicativo, parti essenziali nell’indagine conoscitiva, sia in ambito clinico che psicologico/giuridico. È opportuno che i diversi Consulenti si incontrino agli inizi del lavoro valutativo, per accordarsi sulla metodologia e precisare in che modo intendano svolgerlo, avanzando le rispettive richieste e concordando i tempi e i modi delle varie operazioni; è consigliabile videoregistrare tutti gli incontri consulenziali. Soprattutto, è da ritenersi buona prassi videoregistrare gli incontri effettuati alla presenza dei minori. I CCTT d’ufficio e di parte, nell’ambito di una reciproca relazione professionale deontologicamente corretta, devono considerare l’interesse del minore come “bene superiore”. Gli accertamenti riguardanti un minore, anche in rapporto a ciascun genitore, per la loro “particolarità”, richiedono un’attenta disamina degli aspetti verbali e non verbali, degli indicatori di contesto. L’indagine conoscitiva deve prevedere valutazioni “ambientali”, presso il domicilio di ciascun genitore, oltre all’estensione dei colloqui ad altri adulti significativi nella vita del minore, con particolare attenzione rivolta alle dinamiche interattive, all’espressione di particolari vissuti. Risulta utile, in taluni casi, l’acquisizione di informazioni di natura psicologica presso operatori a contatto con i minori o i genitori. Un’ulteriore considerazione riguarda coloro i quali, senza il possesso di competenze specialistiche, esprimono pareri tecnici (persino di natura nosografica) totalmente estranei al proprio ambito d’intervento e/o con modalità debordanti dal corretto esercizio del diritto di difesa. Il comportamento di un individuo, in termini strettamente psicologici, è espressione del suo funzionamento in un preciso contesto esistenziale e in un determinato periodo della sua storia individuale, ma è anche rivelazione del suo “stile di vita”, unitario e coerente con aspetti strutturali, organizzativi e funzionali del suo “essere nel mondo”. L’insieme di segni presentati dal soggetto (e annotati dall’osservatore) sono i mezzi, gli strumenti, le strategie che il soggetto traduce in comportamenti e attraverso i quali manifesta il suo funzionamento. Tutto quello che viene agito al cospetto del CTU o dei CCTTPP (se nominati) assume particolare rilievo, configurandosi, in tal senso, come acquisizione diretta di elementi che andranno a comporre il quadro descrittivo da esporre al Giudice. Poiché il Consulente ha il compito di fornire al giudice i chiarimenti tecnici che questi ritenga opportuno chiedergli, la sua attività di assistenza è circoscritta alle sole questioni la cui soluzione richiede particolari conoscenze tecniche, ma non può estendersi fino all’interpretazione di prove documentali, allo scopo di esprimere un giudizio che è riservato al giudice; la ricostruzione delle verità fattuali ai fini processuali non è competenza del CTU. L’esperienza peritale troppo spesso evidenzia che i bisogni dei minori vengono disattesi e tale realtà può richiedere modifiche in ordine all’affido/collocamento contrastanti con le “aspettative” e i “desideri” degli adulti che, se bloccati in un meccanismo disfunzionale, preferiscono osteggiare quanto evidenziato dalla consulenza svolta piuttosto che aprirsi a dinamiche trasformative. Tutto questo si inserisce in uno “schema” identitario e di relazione che non riconosce l’alterità. Una “visione autocentrata del mondo” presuppone la sola esistenza dei propri desideri, e in tale scenario l’ALTRO “scompare”, nella misura in cui non ha il diritto di esprimere se stesso. Come da risultanze peritali, è spesso presente -a tutti i livelli d’interazione- un’incapacità a gestire la propria autenticità in rapporto a ciascuno dei membri del nucleo familiare, la cui influenza disgregatrice continua a manifestarsi anche in seguito alla separazione, sicché il figlio, come il partner, viene relegato ad un ruolo marginale. Dalla negazione di ogni possibile differenza e alterità, come dice Lévinas, risiede l’origine del senso del male, in quanto sopraffazione, egoismo, violenza. La discriminazione accusatoria verso chi osa comportarsi, pensare, esprimersi in modo differente da se stessi è un atteggiamento fondato su una visione unilaterale dei rapporti umani, che finiscono per ricevere il peso delle proprie smisurate ambizioni compensative. E quanto si proietta all’esterno, spesso non è altro che la voce inascoltata, profonda, di se stessi.

Marialuisa Vallino

Articolo citato da Maria La Placa in: “La valutazione del minore in ipotesi di alienazione parentale”, Associazione Italiana di Psicologia Giuridica, Corso di Formazione in Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense, Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica in ambito Civile e Penale, adulti e minorile, 2018.

Note:

[1] JONES, D., KRUGMAN, K. (1986) Can a three-year-old child bear witness to her sexual assault and attempted murder?, Child Abuse and Neglect, 10, 253-258.

[2] BADDELEY, A., MICHAEL, W., EYSENCK, M.W., ANDERSON, M.C. (2009), Memory, Psychology Press, United Kingdom.